Il veleno del rialzo dei tassi: il ritorno dell’effetto domino?

28 ottobre 2022

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“Le persone accettano il cambiamento solo quando si trovano di fronte alla necessità, e riconoscono la necessità solo quando si trovano di fronte a una crisi”

 Jean Monnet, Memorie (1976).

Dietro una crisi economica può nascondersi una crisi finanziaria. Mentre gli sguardi sono puntati sulla traiettoria dell’inflazione e sul rischio di recessione, l’aumento dei tassi sembra agire come un veleno lento e silenzioso che continua ad insinuarsi nei bilanci degli operatori finanziari. Almeno fino a quando i crescenti scricchiolii non faranno tornare i banchieri centrali al loro ruolo di prestatori di ultima istanza.

I fondi pensione britannici devono aver tirato un sospiro di sollievo quando il tasso trentennale è tornato a scendere, dopo la nomina di un nuovo ministro delle Finanze e l’abbandono dell’indifendibile piano fiscale del governo. Ma siamo arrivati molto vicini a uno shock su larga scala.

Questo scenario avrebbe potuto provocare un effetto domino: sommersi da significative e sempre più numerose margin calls, i fondi pensione si sarebbero trovati senza liquidità, costretti a liquidare in gran fretta un’ampia gamma di titoli. Questo è in parte ciò che è accaduto. Uno shock dei tassi di interesse si è trasformato in un’ondata di panico finanziario, trasmettendo il rischio alle controparti di mercato. Per di più, i fondi immobiliari britannici non sarebbero stati in grado di soddisfare le richieste di rimborso e sarebbero stati costretti a sospendere le negoziazioni. Un cocktail letale, per una crisi finanziaria che avrebbe riecheggiato la crisi dei fondi monetari dinamici dell’estate 2007.

Quali segnali di allarme possiamo ricavare da questi eventi recenti? In primo luogo, il fatto che ogni cambio di regime rivela le debolezze del regime precedente. L’ultimo regime è stato caratterizzato dalla ricerca del rendimento "ad ogni costo" e dalla difficoltà di accettare un aggiustamento al ribasso delle aspettative di rendimento, a fronte di tassi bassi e inflazione zero. Il brusco rialzo dei tassi ha messo in difficoltà tutti gli operatori che avevano accumulato una leva finanziaria significativa o che avevano rinunciato in modo avventato alla liquidità.

In secondo luogo, il fatto che ogni regime di mercato è anche abbinato a una scuola di pensiero e a un sistema di opinioni. Una delle convinzioni più radicate del precedente regime era il sostegno incondizionato delle banche centrali agli attori del settore privato e pubblico. Un’altra era l’idea che le banche centrali rendessero sostenibile il debito; un debito nel quale gli investitori istituzionali erano costretti a svolgere un ruolo costante. Ma i banchieri centrali rimangono concentrati sulla lotta all’inflazione e, per mantenere la loro credibilità (e quella della loro moneta), non devono cedere facilmente ai governi che sono tentati di esercitare la leva fiscale con l’aiuto della politica monetaria. I rischi macrofinanziari possono però rapidamente rimettere in discussione questa situazione e far tornare le banche centrali al loro ruolo generale di baluardo contro le emergenze.

Di conseguenza, all’inizio di ogni crisi finanziaria si rinnova la speranza che le autorità monetarie paghino il conto e che le istituzioni internazionali si occupino della salute dei più vulnerabili. È la speranza segreta del mercato: che la crisi diventi così grave da costringere la Federal Reserve (Fed) a cambiare rotta. Questo non tiene conto della posizione di una banca centrale la cui credibilità è in gioco e che è ancora più determinata a mantenere la piena occupazione e l’inflazione. 

Ogni crisi è generalmente una fase di capitolazione che offre eccezionali opportunità di investimento, quando l’estremo pessimismo porta a valutazioni irrazionalmente basse. Forse non siamo ancora arrivati a questo punto, ma la svolta è probabilmente imminente. Su questo punto, una lezione appresa dalle crisi precedenti è che assomigliano a volte a terremoti, con scosse ripetute e sconvolgimenti successivi. Prima il 1992 e poi il 1993. Prima il Messico e poi l’Asia. Prima Bear Stearns e poi Lehman. Un’uscita di crisi senza risanamento o revisione del sistema può rivelarsi di breve durata. 

Con queste considerazioni intendiamo suggerire che potrebbe essere meglio vendere il lieve rimbalzo, piuttosto che credere in maniera troppo affrettata ad un rimbalzo di fine anno che potrebbe non verificarsi, nonostante le evidenti opportunità. In questo anno molto impegnativo, la resilienza e la pazienza sono state sicuramente necessarie, ma all’orizzonte potrebbe profilarsi un anno molto positivo per gli asset di rendimento. 

 

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Monthly House View, pubblicato il 24/10/2022 - Estratto dall'Editoriale

28 ottobre 2022

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